Ecosistemi delicati e poco conosciuti, peculiari di queste zone e brulicanti di specie. L'Università di Pavia, con il progetto "Life Dryland", ne ha studiato le caratteristiche e le criticità. Come ci racconta la botanica Silvia Assini
«Con il progetto Life Dryland puntiamo a ripristinare gli habitat aridi acidofili continentali, vale a dire le brughiere e le praterie, all’interno di otto siti della rete Natura 2000, nella Pianura Padana occidentale. Sono ambienti unici, che non ritroviamo in nessun’altra regione italiana. E preservarli significa salvaguardare molte specie vegetali e animali che li popolano».
Spiega così le finalità del progetto, ideato e condotto dall’Università di Pavia, la professoressa Silvia Assini, docente di botanica dell’università nell’ateneo lombardo. L’abbiamo intervistata a margine del convegno che ha segnato, giovedì scorso presso il Museo di storia naturale Kosmos di Pavia, la conclusione di questa ricerca realizzata nell’ambito del programma europeo Life che sostiene, dal ’92, la conservazione della biodiversità.

Professoressa Assini, può spiegarci perché sono così importanti gli habitat al centro del progetto Life Dryland?
Perché sono caratterizzati da condizioni pedo-climatiche particolari, preziose per la biodiversità, fondamentali per le specie botaniche e faunistiche ad essi legate. Al loro interno sono presenti, ad esempio, molte specie officinali presenti importanti sia da un punto di vista ecologico che economico. E anche specie floristiche che, richiedendo poca cura, date le condizioni difficili a cui sono abituate, potrebbero essere utilizzate per rendere più verdi le aree urbane. Questi habitat sono anche importanti hotspot per gli impollinatori e anche contesti unici nei quali si sviluppano le cosiddette croste biologiche: dei tappeti di organismi come muschi e licheni
Come avete scelto le aree su cui lavorare?
In prima battuta sulla base del loro stato di conservazione, nel caso fosse compromesso siamo dovuti intervenire con azioni di ripristino per riportarli a un migliore stato di conservazione, per esempio attraverso il taglio e lo sfalcio di specie erbacee e arboree soprattutto se aliene e invasive. Alcune specie arboree autoctone di grosse dimensioni sono state lasciate comunque sul posto in quanto garanzia di biodiversità e di valorizzazione delle aree di transizione ecologica. Abbiamo inoltre messo a dimora alcune specie erbacee autoctone.

Perché vi siete concentrati proprio sugli habitat aridi della Pianura Padana?
In effetti, nonostante i termini “brughiera” e “prateria” siano utilizzati di solito per indicare un determinato tipo di ambiente, ve ne sono diversi e ciascuno con le proprie caratteristiche ecologiche. Gli habitat aridi acidofili della Pianura padana sono ambienti unici, si tratta di brughiere planiziali acidofile continentali, che non ritroviamo in nessun’altra zona d’Italia. Studiarli e preservarli perciò è importantissimo.
Cosa possono fare i cittadini per contribuire alla salvaguardia di questi preziosi ecosistemi?
Ognuno può farsi portavoce del progetto, informandosi e sensibilizzando le persone con cui è in contatto: sul nostro sito ci sono molte informazioni per approfondire e organizzare anche dei percorsi educativi. Inoltre, può comportarsi con più attenzione quando visita un parco o un habitat della brughiera, conoscendone l’importanza e la delicatezza. E anche scegliere piante ornamentali autoctone e legate a questi ambienti per i propri giardini e balconi, può fare la differenza.